PENSIERI DI RISORGIVA

CERTI LUOGHI FANNO PENSARE

24 luglio 2022

C’è silenzio, quello lungo, quello animale; il crepitio delle cicale ricorda con discrezione il grande incendio invisibile che sta bruciando di indifferenza il mondo. Il caldo ci accusa di esistere: non siamo rettili, la nostra grande percentuale di acqua va in ebollizione…Passa un’automobile e lascia una scia di indifferenza che dura ben oltre il suo passaggio. Abbiamo costruito la strada, il distributore, il parcheggio: perché sorprendersi se ci passano e sostano le auto? Una tortora tuba fragorosamente forse per ricordarci qualcosa; forse mente.

Abbiamo inventato l’ambientalismo per dare un senso alla nostra persistenza sul pianeta, per non pensarci del tutto capaci solo di distruggere costruendo, di divorare spazi con le costruzioni e tempi con la peste della velocità.

Ora suonano le campane. E’ domenica; una domenica di foglie riarse che cadendo comunque, sarcasticamente, applaudono il loro/nostro tempo, lo omaggiano della loro scomparsa riarsa. E’ domenica. Nella memoria s’annida il parassita che ha tarlato l’impiantito, il “dove” camminiamo, il senso per cui esistiamo; nel durame rimane la traccia del grande “amok” che la nostra viltà rimuove, come cancellare la cronologia da un computer. Il vuoto che abbiamo dentro lo riempiamo di detriti, di oggetti, cioè di immondizia: siamo produttori di rifiuti.

Forse proprio perché la natura è (anche) e soprattutto memoria, ne desideriamo ipocritamente la distruzione, l’asservimento ad un modello antropomorfo; forse per questo la vogliamo trasfigurata a nostra immagine, colmandola di deiezioni.

Allora? Che rimane da fare? Siamo solo bravi a denigrare, denunciare, lamentare, avere rimorsi?

C’è un albero sotto la maledizione di questa estate; è in cima ad una collina spianata che sovrasta un paesaggio di formiche, Occorre salire lentamente la china ricordando ad ogni passo il tempo andato e ritrovare l’albero, osso vivente da cui s’innerva tutto il paesaggio. Da lassù, nell’appena oltre il respiro di una formica, la visione ci insegna la vita: quante auto, quante case e strade semivuote perché è un giorno di festa. Almeno oggi non sentirci come ogni mattino, oggi difendere l’albero della memoria, dell’ombra che ci protegge da questo calore assassino: questo vale la pena fare: salvare l’albero della memoria, questo sì occorre fare… per non svegliarci come ogni mattino in un brusco strapazzo di pensieri e lenzuola in cui trovarsi in un “già qui” inatteso, inappropriato, in un altro tempo oltre a quello vissuto, nel tempo dell’irrimediato.

Solo salvare l’albero conta.

Gian Pietro Barbieri